Canasta dimenticata: colpa del burraco oppure no?
Nata negli anni Quaranta in Uruguay, negli ultimi tempi è stata superata dal burraco in termini di popolarità.
Gli anni d’oro della canasta sono tramontati già da tempo, anche se alcuni circoli di questo gioco continuano a sopravvivere sia in Italia che all’estero. Insieme a burraco, pinnacola, scala 40 e machiavelli, la canasta appartiene all’ampia famiglia di giochi di carte che derivano dal ramino. Considerata la sua diffusione tra la popolazione più anziana, rimane tuttora un ottimo modo per allenare la mente, oltre che per intrecciare nuove relazioni. Proprio perché associata a un mondo altoborghese fatto di lustrini e vuoti cerimoniali, è diventata facile bersaglio dell’ironia dei comici di diverse epoche. In fatto di popolarità, negli ultimi tempi la canasta è stata soppiantata dal burraco, un gioco anch’esso originario dell’Urugay, che riprende molte regole della canasta e del bridge semplificandole.
Giochi di coppia
Canasta, bridge e burraco si giocano tutti a coppie (nella canasta i giocatori possono essere da due a sei). Esiste però anche una versione di canasta per tre persone: in questo caso la classica organizzazione a squadre viene meno.
Le regole
All’inizio ogni giocatore riceve quindici carte: lo scopo è formare combinazioni di sette o più carte di uguale valore, chiamate appunto canaste, e quindi “chiudere” rimanendo a mani vuote. In questo gioco i semi sono ininfluenti: conta solo il colore e il punteggio. E’ infatti possibile utilizzare apposite carte che non recano semi ma solo i colori rosso (quadri e cuori) e nero (picche e fiori).Alle carte dal 4 al 7 vengono attribuiti 5 punti, quelle dall’8 al re valgono 10, mentre l’asso e i due 20 punti. Pur non valendo nulla, i tre neri possono essere utilizzati per impedire all’avversario di raccogliere carte dal mazzo degli scarti. I tre rossi danno diritto a pescare un’altra carta e concorrono alla formulazione del punteggio alla fine della mano. I jolly e le pinelle (i due) possono sostituire qualsiasi carta. Così come in altri giochi, per poter pescare del mazzo degli scarti, che in questo caso si chiama pozzo, occorre “aprire” calando sul tavolo determinate combinazioni di carte.
Zitto e gioca
Una peculiarità della canasta è l’obbligo del silenzio tra i compagni di squadra, che possono parlare tra loro solo al momento della chiusura. Gli appassionati della canasta hanno fatto notare che se altri giochi come burraco e briscola possono vantare un’offerta piuttosto ampia di siti Internet, i portali italiani dedicati alla canasta sono decisamente meno. La complessità delle regole del gioco si traduce in una maggiore difficoltà tecnica di realizzazione da parte dei programmatori. Una di queste criticità consiste nell’utilizzo di 3 mazzi di carte da 52: è difficile consentire la visualizzazione sulle schermo di un così alto numero di carte. Un altro aspetto riguarda il blocco o il congelamento del pozzo degli scarti, una regola di facile applicazione dal vivo, ma che risulta più difficile mettere in pratica su un’interfaccia di gioco virtuale.
Un po’ di storia
L’avvocato Segundo Santos e l’architetto Alberto Serrato sono considerati i padri fondatori della canasta. Santos, appassionato di Bridge, nel ’39 mette a punto le regole della canasta insieme all’amico Serrato, attingendo dai regolamenti di altri giochi come il bridge e il gin rummy e smorzando la forte componente aleatoria di quest’ultimo. Santos, in particolare, era alla ricerca di un gioco che non lo impegnasse al tavolo tutta la notte come invece avveniva con il bridge. Provò quindi con il rummy e con una sua variante chiamata “cooncan”, trovandoli però troppo determinati dal caso a discapito dell’abilità.
Dal cesto spunta il nome
Una volta approntate le regole del gioco, Santos e Serrato si trovarono al ristorante per presentarlo agli amici: non sapevano però come chiamarlo. Ma ecco inaspettatamente arrivare la soluzione: nn cameriere aveva prestato loro un piccolo cesto (canastillo) per riporvi le carte. Poco dopo gli amici al tavolo giunsero alla conclusione che il nome canasta, giocato sulla reiterazione della vocale ‘a’, suonava molto meglio di “canastillo”.
Gli anni Cinquanta furono il periodo di maggiore diffusione della canasta, che diventò popolare anche negli Stati Uniti, prima di aver riscosso successo tra i turisti in visita a Montevideo. Dal Jockey club, un locale della capitale, il gioco si diffuse in tutta Montevideo, lungo la costa uruguaiana e in tutto il Sud America. Da lì, poi, negli anni Cinquanta arrivò negli USA.
Successo postbellico
I dieci anni che intercorrono tra la sua diffusione in Sud America e negli Stati Uniti, si devono alla sospensione dei voli disposta durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Club Regency di Manhattan fu tra i primi ad adottare questo gioco, grazie all’opera di Josephine Artayate de Viel, turista di Buenos Aires. Fu quest’ultima, a discapito di Santos e Serrato, a trarne i maggiori vantaggi economici, con la pubblicazione di un manuale (negli anni seguenti si diffesero a macchia d’olio libri sulla canasta). Grazie ai soldati di stanza in Giappone e in Germania, la popolarità della canasta crebbe anche in Asia e in Europa. Persino l’Unione Sovietica non seppe resistere al suo fascino. Un po’ frastornato per il grande successo riscosso dal gioco, Santos si sarebbe schermito dicendo: “L’ho fatto per carcare di levarmi il bridge dalla testa”.
Di padre in figlio
“La canasta è il mio gioco di carte preferito – scrive il blogger 70enne Tony McGregor, residente in Sudafrica-. L’abbiamo insegnata ai nostri figli quando erano ancora piccoli e questo li ha aiutati a comprendere l’aritmetica. La nostra figlia maggiore a 5 anni utilizzava un’apposita tavoletta per reggere le carte perché aveva le mani ancora troppo piccole. Ho appreso questo gioco dai miei genitori e l’ho trasmesso ai miei figli. Mio figlio, in particolare, gioca ancora regolarmente a canasta”. Ciò che rende la canasta speciale secondo McGregor è proprio il giusto equilibrio tra abilità e fortuna “proprio come Segundo Santos aveva in mente 70 anni fa”.
Il gioco del secolo
In un articolo del 2010 pubblicato su New Humanist, l’esperto David Parlett intervistato da Sally Feldman definisce la canasta uno dei quattro giochi più rappresentativi del 20esimo secolo, insieme a bridge, poker e gin rummy. Secondo Parlett, autore del libro “A history of card games”, i giochi di carte possono essere considerati un prodotto della cultura popolare, alla stessa stregua di ballate, leggende e danze tradizionali. Tuttavia, nel caso dei quattro giochi citati prima, il loro regolamento è stato uniformato a livello internazionale in virtù della loro ampia diffusione.
Ogni secolo ha i suoi giochi di carte più rappresentantivi: nel 16esimo e nel 17esimo secolo furono in auge rispettivamente piquet (picchetto) e ombre (uomo in spagnolo). Nel 18esimo divennero popolari i tarocchi i quali, oltre che una pratica divinatoria, sono stati anche un semplice gioco di carte. Nel 19esimo secolo fu la volta del wist, un gioco a coppie originario dell’Inghilterra praticato con il mazzo da 52 carte, che è stato in seguito surclassato dal bridge, il suo cugino più raffinato.
Hobby principesco…
Tornando alla canasta, secondo Sally Feldman questo gioco potrebbe ritrovare la popolarità di un tempo se perdesse l’aura aristocratica che si era guadagnato nei primi anni Cinquanta grazie alla principessa Margaret (1930-2002), sorella minore della regina d’Inghilterra Elisabetta II.
…e bersaglio della satira
Margareth, contessa di Snowdon, e la sua passione per la canasta sono messe alla berlina dal gruppo di comici inglese Monty Pyton nel loro “Monty Pyton’s Flying Circus”, una serie di sketch per la televisione trasmessi dalla Bbc dal ’69 al ‘74. Margareth, in particolare, fa una breve apparizione nell’episodio “Biggles Dictates a Letter” nel quale Biggles, aviatore protagonista di alcuni romanzi di avventura di W.E. Johns, detta una lettera alla sua segretaria indirizzata ad Hasskon, re di Norvegia. Aviatore e impiegata, però, non riescono a intendersi e Biggles è costretto ogni volta a ripetere le frasi. Durante questo siparietto sbuca la principessa dalla credenza ma Biggles la invita a rientrare nell’armadio. Quindi riprende a dettare: “Cara reale principessa Margaret, grazie per le anguille. Erano assolutamente deliziose e inconfondibilmente regali”, per poi concludere: “Ci vediamo dai Sassonia-Coburgo (dinastia di nobili tedeschi, ndr), alla serata della canasta”. Il gruppo dei Monty Pyton, di cui ha fatto parte anche il regista Tery Gilliam, è diventato popolare grazie ai film “Il senso della vita” e “Brian di Nazareth”. Nel ’76, qualche anno dopo lo sketch con Biggles, una pantomima della principessa comparve anche nel video di “Crackerbox Palace”, canzone dell’ex componente dei Beatles George Harrison.
Il bandito Canasta
Dal nome potrebbe sembrare un’arcigna vecchietta, invece Nasty Canasta (nasty in inglese significa odioso) è un rude bandito, creato dalla fantasia di Chuck Johnes, che compare in tre cartoni animati della Looney Tunes. Come altri personaggi della Loney Tunes che svolgono il ruolo di antagonisti, è un tipo tutto muscoli e niente cervello che incute paura.
Umorismo erotico
Nasty Canasta è anche il nome d’arte di un’attrice-ballerina newyorkese di neo-burlesque, genere nato nel XVIII secolo che mescola musica, comicità ed erotismo (anche Nasty Canasta, così come i Monty Python, si è cimentata nella pantomima della principessa Margareth).
Realtà e finzione
Ma realtà e finzione spesso si confondono. Poco più di un anno fa ‘The Guardian’ ha diffuso le foto di Elisabetta II e Margareth da ragazze vestite come regnanti del Settecento durante alcuni spettacoli organizzati negli anni Quaranta per raccogliere fondi a favore delle truppe.